Alla mezzanotte (tra il 26 e il 27) attraversiamo lo Estrecho De Le Maire e facciamo ingresso nello Stretto di Drake.

Qualche ora prima (alle 1845P del 26) il Durand de La Penne, che ci aveva preceduto, ha raggiunto Capo Horn.
Assunta Rotta 220 verso il capo che dista 120 miglia per il ricongiungimento. Alle 0300 si scatena una forte burrasca (vento 50 nodi, mare 7). Alle 0305P desistiamo dal proposito (puramente simbolico) di raggiungere Capo Horn e viene invertita la rotta dopo aver raggiunto la latitudine più a SUD di tutto il periplo (55 gradi e 38.9 primi SUD).
La navigazione verso il Canale di Beagle che porta a Ushuaia si rivela subito problematica. Il mare grosso costringe la nave ad ampie rollate fino al mattino.
Alle 0720 facciamo ingresso nel Canale e alle 0840 è
imbarchiamo l’esperto pilota argentino.
Alle 1230P il Bersagliere è ormeggiato al “molo del combustibile” (lungo appena 20 metri!) nella città …” più meridionale del mondo”!
E nevicava.

Lo Stretto (o Canale) di Drake è quel tratto di mare che separa l’estrema punta meridionale del continente americano, Capo Horn, dalle coste della penisola Antartica. Inoltre questo Canale unisce l’Atlantico meridionale con il Pacifico meridionale. Lo stretto di Drake, uno dei tratti di mare più leggendari e temuti del pianeta, prende il nome da Francis Drake.
Il primo a navigarvi fu invece, nel 1616, l’esploratore olandese Willem Schouten a bordo della nave “Eendracht“, che gli diede il nome di “Stretto di Le Maire“. Dagli spagnoli era invece detto “mare di Hoces” anche se le 7 navi della spedizione di Francisco di Hoces furono disperse da una tempesta prima di arrivarci. Lo “stretto” è largo circa 645 chilometri ed è situato ad una latitudine completamente priva di terre emerse che permette agli impetuosi ”venti occidentali dell’emisfero meridionale (i “Westerlies australi) di girare intorno al globo senza ostacoli facendolo uno dei tratti di mare più tempestoso del pianeta. Le grandi onde generate possono raggiungere i 14-16 metri di altezza con picchi di oltre i 18-20 metri.

Non c’è apologia è solo un doveroso omaggio ad uno straordinario marinaio italiano, eroe dal cuore puro:

il 27 agosto 1944, come un Samurai, si toglieva la vita la Medaglia d’Oro al Valor Militare
CF Carlo Fecia di Cossato
.
Comandante dei sommergibili MENOTTI e TAZZOLI con il quale condusse fra l’aprile del 41 e la fine del 42 sei lunghissime missioni atlantiche, affondando 18 navi, e successivamente della Torpediniera ALISEO con la quale condusse lo scontro di Bastia del 9 settembre del 43 conclusosi con l’affondamento di sette navi tedesche.
Pluridecorato con medaglia d’oro al valor militare, medaglia d’argento, tre medaglie di bronzo e tre croci di ferro tedesche.
Insieme a Gianfranco Gazzana Priaroggia è stato il più famoso e stimato comandante di sommergibili della storia della Marina italiana.
Destituito dopo l’armistizio, a seguito del suo rifiuto di giurare fedeltà al nuovo governo non resse al peso del disonore recato alla Patria dall’ignobile 8 settembre e dal comportamento del Re e dello Stato Maggiore Generale.
Questa e’ la lettera che scrisse a Sua Madre:
———————-


Napoli, 21 agosto 1944
Mamma carissima,
quando riceverai questa mia lettera saranno successi fatti gravissimi che ti addoloreranno molto e di cui sarò il diretto responsabile.
Non pensare che io abbia commesso quel che ho commesso in un momento di pazzia, senza pensare al dolore che ti procuravo.
Da nove mesi ho soltanto pensato alla tristissima posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa della Marina, resa a cui mi sono rassegnato solo perché ci è stata presentata come un ordine del Re, che ci chiedeva di fare l’enorme sacrificio del nostro onore militare per poter rimanere il baluardo della Monarchia al momento della pace.
Tu conosci che cosa succede ora in Italia e capisci come siamo stati indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobile senza alcun risultato. Da questa triste constatazione me ne è venuta una profonda amarezza, un disgusto per chi mi circonda e, quello che più conta, un profondo disprezzo per me stesso.
Da mesi, Mamma, rimugino su questi fatti e non riesco a trovare una via d’uscita, uno scopo alla vita.
Da mesi penso ai miei marinai del «Tazzoli» che sono onorevolmente in fondo al mare e penso che il mio posto è più con loro che con i traditori e i ladruncoli che ci circondano.
Spero, Mamma, che tu mi capirai e che, anche nell’immenso dolore che ti darà la notizia della mia fine ingloriosa, saprai sempre capire la nobiltà dei motivi che la guida.
Tu credi in Dio, ma se c’è un Dio, non è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la mia rivolta contro la bassezza dell’ora. Per questo, Mamma, credo che ci rivedremo un giorno.
Abbraccia papà e le sorelle e a te, Mamma, tutto il mio affetto profondo e immutato. In questo momento mi sento molto vicino a tutti voi e sono certo che non mi condannerete.